Il
Novecento, il secolo breve, il secolo delle due guerre mondiali,
delle ideologie, della Chiesa che interroga se stessa e discerne i
tempi, il secolo che ha posto le basi di uno sviluppo economico e
finanziario devastante, irrispettoso dei poveri e dell’ambiente, il
secolo delle rivolte, dei giovani che si appropriano della politica:
tre sguardi d’autore, uno letterario, quello di Ignazio Silone, uno
storico, quello di Raniero La Valle, uno dettato da un’esperienza
di novità vissuta, quello di Ettore Gemma. Li proponiamo come
occasione di meditazione e studio anche per chi ha vissuto, almeno in
parte, quegli anni e intenda dare o suggerire ulteriori contributi.
Per vivere l’oggi e contribuire al domani.
UNA
MANCIATA DI MORE
Ignazio
Silone
Se
c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se tutti tacciono
impauriti. In uno qualunque dei villaggi della Marsica vivono
Zaccaria, Rocco, Martino, Stella- la ragazzina ebrea-, Lazzaro, don
Nicola (tutti più o meno fuggiaschi a seconda delle onde della
storia) e tutta la povera gente che ha subito
l’avvicendarsi, prima e dopo le due guerre mondiali, di due partiti
dalle simili intenzioni ostili all’uomo e sprezzanti di te
singolo, diventandone aperti persecutori. Poi l’insopprimibile
domanda di giustizia e libertà. Gli uomini servili a questo freddo e
spietato potere sanno sempre trasformarsi secondo l’interesse e
sanno conservare la brutalità dell’asservimento. Un
partito, considerato la speranza del diverso rapporto tra gli uomini
(“la notizia più importante era che un nuovo sole s’era levato a
illudere la terra. Ovunque arrivavano i suoi raggi, gli uomini curvi
alzavano la fronte”) diviene apparato arrogante e violento e
anche i suoi uomini più liberi e autentici vengono
perseguitati. “Il partito di oggi non è quello di una volta. Era
una raccolta di uomini liberi, giovani, spregiudicati; è
diventato una caserma, una questura…, ma sempre vi sarà
qualcuno che non venderà la sua anima per un pugno di fave e un
pezzo di pecorino”. Non è un libro di analisi disillusa o di
cinismo rabbioso; è un bel racconto di storie autentiche, di uomini
vivi e di come le vicende umane, soprattutto quando
generano dolore e violenza, abbiano la loro speranza e
possibilità di essere attraversate senza disperazione,
nella fraternità, nella compagnia, nell’amore. C’è una tromba
che risuona, un richiamo che non si esaurirà e non può essere
distrutto sebbene, in certi momenti, sembri scomparire. “Ma la
tromba quando serve? Quando proprio non se ne può più.
Se c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se
tutti tacciono impauriti. È un modo di chiamarsi, di stare insieme,
di farsi coraggio…E infine, quando i vermi crederanno di avere
partita vinta, apparirà l’angelo. Egli toglierà la
tromba dal suo nascondiglio e la suonerà a pieni polmoni”.
Ci si può mantenere a lungo nei boschi solamente con un tozzo di
pane nero e una manciata di more quando si è udito, almeno una
volta, il suono della speranza e si è incontrato il suo volto
nell’agire degli uomini.
QUEL NOSTRO NOVECENTO
Raniero
La Valle
Questo
testo non è soltanto un documento (seppur del documento abbia
l’oggettività nel resoconto di come si sono svolti i fatti); non è
soltanto una rilettura storica di 3 degli snodi centrali della
seconda metà del secolo scorso (seppur sappia colmare, con una
sintesi lucida e fedele, la mancanza di conoscenza diretta da parte
di almeno due generazioni di italiani): è la possibilità di vedere
una tela che si è andata tessendo dopo la fine della seconda Guerra
Mondiale, una tessitura che pare essersi interrotta e che viene
consegnata a nuove coscienze e a nuove mani perché abbandonarla è
lasciare la speranza del futuro. Da questo punto di vista, quel
Novecento è “nostro”, di tutti, anche di quelli che sono venuti
quando si sono sciolti i fili della trama. Tre rivoluzioni si sono
verificate dal 1946 fino alla fine degli anni 70: “quella del
diritto, del linguaggio della fede, della vita quotidiana”.
L’intera impostazione della vita comune, dei rapporti tra le
persone e della comunità ecclesiale hanno potuto essere rivisti
grazie al costituzionalismo democratico, al Concilio Vaticano II, al
’68. Raniero La Valle protagonista di tale epoca “novissima” ne
descrive il rovesciamento antropologico rispetto a una cultura che
aveva generato la più drammatica realizzazione dell’ingiustizia,
della disuguaglianza e del dominio dell’uomo sull’uomo. Alla
lectio discipularis (notare- non magistralis e lasciamo alla lettura
la spiegazione) che La Valle tenne il 19 febbraio 2011 alla
Federazione della Stampa Italiana segue una motivata sequenza di
glosse: testimonianze, incontri con persone, battaglie politiche e
culturali, confronti di idee, battute d’arresto e tenaci
convocazioni di uomini di buona volontà all’opera della
costruzione di una convivenza più giusta, più libera, in una
parola, umana. Più si procede nella lettura, più ci si avvede che
nel corso del secolo che ha avuto bagliori infernali è sempre stata
viva una corrente di bene, attraverso le idee e le braccia di molti,
una forza di resistenza al male (prendere su di sé il peso degli
altri) che ha percorso le vie della ribellione, poi ha gettato i
ponti, ha ricercato la verità di ogni istanza e di ogni posizione.
Qualcosa ha unificato tutti i tentativi e prodotto gli esiti buoni di
cui abbiamo goduto. Se una prima conclusione è che “il Novecento
finì con una sconfitta” perché venne ripristinata la guerra e la
violenza, in Italia si cominciò la demolizione della Costituzione e
molto nella Chiesa e nella società deve essere ripensato, ci pare
che la tesi di fondo di questo bellissimo libro stia in quanto si
diceva all’inizio a proposito del “nostro” compito di
riassumere quanto si è interrotto. Raniero la Valle suggerisce anche
la modalità che riportiamo testualmente. “Nessuna di queste cose
potrà sopravvivere se non sarà assunta con amore, così come con
amore sono state compiute. (..) E il 68 è stato l’utopia
dell’amore come alternativa al potere. Oggi si può anche difendere
la Costituzione come noi facciamo, ma senza un amore che abbia
l’assillo del bene comune di tutti i cittadini essa è destinata a
sfiorire e a cadere a pezzi...”. Ma, per prima cosa, siamo seri,
fuori da ogni ambiguità cui ci hanno abituati rispetto a cosa sia
amore. Le Glosse di questo libro sono una buona esegesi.
OLTRE
LA CONTESTAZIONE
Ettore
Gemma
Nota
di edizione
Questo
libro è la narrazione di un’esperienza di comunità cristiana. E
come ogni narrazione di qualcosa di vivo le parole seguono
inadeguatamente i fatti. E ogni fatto chiarisce e aggiunge
significato alle parole precedenti, e ogni parola attende
l’illuminazione e la trasformazione che le verrà data dal fatto
seguente. I fatti narrati in questo libro sono quelli ricordati dalle
persone che hanno vissuto insieme un’esperienza comunitaria, e sono
quelli che la memoria ha trattenuto percependone l’importanza ai
fini di un’evoluzione della propria storia. Ed è proprio il senso
della storia della comunità di Reggio Emilia che domina tutta la
narrazione. La scelta fatta dai giovani, che nel corso del libro si
imparano a conoscere un poco, è definitiva, essi sono sicuri, così
come con impegno ne ricordano il passato, che essa avrà un futuro,
che avrà una storia. Un piccolo punto di questa storia è il libro
che vi presentiamo. E non deve sembrare pretenziosa questa dimensione
storica in un’esperienza che non ha nulla di spettacolare, che non
è sulla bocca di tutti. Il senso profondo della propria storia
proviene infatti ai ragazzi di One Way dalla loro consapevolezza di
appartenere alla Chiesa, per la quale la dimensione della storia è
lo strumento della salvezza. È questa consapevolezza che fa ritenere
alla comunità di One Way di stare vivendo una esperienza
eminentemente dinamica: nessun giudizio di quelli dati nel libro
resterà cristallizzato nel tempo, ma vivrà insieme alle
circostanze, segni di Dio, e pur conservando la sua ispirazione
muterà, crescerà, diverrà più potente. Ed è ancora questa
consapevolezza che rende One Way così attenta alla storia umana, nei
piccoli passi che si trova accanto e nei grandi passi che investono
il mondo. L’attenzione al momento storico che Dio chiede di vivere,
proviene appunto dalla considerazione che la storia è lo strumento
scelto per la salvezza dell’uomo, che Cristo è fatto storico, che
la Chiesa è fatto storico, che dove due si riuniscono in nome suo
c’è Chiesa e c’è fatto storico, e che quindi la storia è la
trama degli eventi definitivi per l’uomo e ad essa occorre essere
attenti, in essa lavorare e imparare. Anche le difficoltà quindi che
la comunità di One Way trova nel dialogo con altri brani di Chiesa
vengono tranquillamente raccontate nel libro, perché fanno parte
della storia, ma la speranza di tutti nella comunità è che la
storia, cioè l’impegno proprio e la volontà di Dio, mutino queste
difficoltà in occasioni di incontro.