domenica 24 novembre 2019

Sguardi sulla storia

Il Novecento, il secolo breve, il secolo delle due guerre mondiali, delle ideologie, della Chiesa che interroga se stessa e discerne i tempi, il secolo che ha posto le basi di uno sviluppo economico e finanziario devastante, irrispettoso dei poveri e dell’ambiente, il secolo delle rivolte, dei giovani che si appropriano della politica: tre sguardi d’autore, uno letterario, quello di Ignazio Silone, uno storico, quello di Raniero La Valle, uno dettato da un’esperienza di novità vissuta, quello di Ettore Gemma. Li proponiamo come occasione di meditazione e studio anche per chi ha vissuto, almeno in parte, quegli anni e intenda dare o suggerire ulteriori contributi. Per vivere l’oggi e contribuire al domani.
UNA MANCIATA DI MORE
Ignazio Silone
Se c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se tutti tacciono impauriti. In uno qualunque dei villaggi della Marsica vivono Zaccaria, Rocco, Martino, Stella- la ragazzina ebrea-, Lazzaro, don Nicola (tutti più o meno fuggiaschi a seconda delle onde della storia) e tutta la povera gente che ha subito l’avvicendarsi, prima e dopo le due guerre mondiali, di due partiti dalle simili intenzioni ostili all’uomo e sprezzanti di te singolo, diventandone aperti persecutori. Poi l’insopprimibile domanda di giustizia e libertà. Gli uomini servili a questo freddo e spietato potere sanno sempre trasformarsi secondo l’interesse e sanno conservare la brutalità dell’asservimento. Un partito, considerato la speranza del diverso rapporto tra gli uomini (“la notizia più importante era che un nuovo sole s’era levato a illudere la terra. Ovunque arrivavano i suoi raggi, gli uomini curvi alzavano la fronte”) diviene apparato arrogante e violento e anche i suoi uomini più liberi e autentici vengono perseguitati. “Il partito di oggi non è quello di una volta. Era una raccolta di uomini liberi, giovani, spregiudicati; è diventato una caserma, una questura…, ma sempre vi sarà qualcuno che non venderà la sua anima per un pugno di fave e un pezzo di pecorino”. Non è un libro di analisi disillusa o di cinismo rabbioso; è un bel racconto di storie autentiche, di uomini vivi e di come le vicende umane, soprattutto quando generano dolore e violenza, abbiano la loro speranza e possibilità di essere attraversate senza disperazione, nella fraternità, nella compagnia, nell’amore. C’è una tromba che risuona, un richiamo che non si esaurirà e non può essere distrutto sebbene, in certi momenti, sembri scomparire. “Ma la tromba quando serve? Quando proprio non se ne può più. Se c’è qualcosa che rivolta lo stomaco di tutti è se tutti tacciono impauriti. È un modo di chiamarsi, di stare insieme, di farsi coraggio…E infine, quando i vermi crederanno di avere partita vinta, apparirà l’angelo. Egli toglierà la tromba dal suo nascondiglio e la suonerà a pieni polmoni”. Ci si può mantenere a lungo nei boschi solamente con un tozzo di pane nero e una manciata di more quando si è udito, almeno una volta, il suono della speranza e si è incontrato il suo volto nell’agire degli uomini.
QUEL NOSTRO NOVECENTO
Raniero La Valle
Questo testo non è soltanto un documento (seppur del documento abbia l’oggettività nel resoconto di come si sono svolti i fatti); non è soltanto una rilettura storica di 3 degli snodi centrali della seconda metà del secolo scorso (seppur sappia colmare, con una sintesi lucida e fedele, la mancanza di conoscenza diretta da parte di almeno due generazioni di italiani): è la possibilità di vedere una tela che si è andata tessendo dopo la fine della seconda Guerra Mondiale, una tessitura che pare essersi interrotta e che viene consegnata a nuove coscienze e a nuove mani perché abbandonarla è lasciare la speranza del futuro. Da questo punto di vista, quel Novecento è “nostro”, di tutti, anche di quelli che sono venuti quando si sono sciolti i fili della trama. Tre rivoluzioni si sono verificate dal 1946 fino alla fine degli anni 70: “quella del diritto, del linguaggio della fede, della vita quotidiana”. L’intera impostazione della vita comune, dei rapporti tra le persone e della comunità ecclesiale hanno potuto essere rivisti grazie al costituzionalismo democratico, al Concilio Vaticano II, al ’68. Raniero La Valle protagonista di tale epoca “novissima” ne descrive il rovesciamento antropologico rispetto a una cultura che aveva generato la più drammatica realizzazione dell’ingiustizia, della disuguaglianza e del dominio dell’uomo sull’uomo. Alla lectio discipularis (notare- non magistralis e lasciamo alla lettura la spiegazione) che La Valle tenne il 19 febbraio 2011 alla Federazione della Stampa Italiana segue una motivata sequenza di glosse: testimonianze, incontri con persone, battaglie politiche e culturali, confronti di idee, battute d’arresto e tenaci convocazioni di uomini di buona volontà all’opera della costruzione di una convivenza più giusta, più libera, in una parola, umana. Più si procede nella lettura, più ci si avvede che nel corso del secolo che ha avuto bagliori infernali è sempre stata viva una corrente di bene, attraverso le idee e le braccia di molti, una forza di resistenza al male (prendere su di sé il peso degli altri) che ha percorso le vie della ribellione, poi ha gettato i ponti, ha ricercato la verità di ogni istanza e di ogni posizione. Qualcosa ha unificato tutti i tentativi e prodotto gli esiti buoni di cui abbiamo goduto. Se una prima conclusione è che “il Novecento finì con una sconfitta” perché venne ripristinata la guerra e la violenza, in Italia si cominciò la demolizione della Costituzione e molto nella Chiesa e nella società deve essere ripensato, ci pare che la tesi di fondo di questo bellissimo libro stia in quanto si diceva all’inizio a proposito del “nostro” compito di riassumere quanto si è interrotto. Raniero la Valle suggerisce anche la modalità che riportiamo testualmente. “Nessuna di queste cose potrà sopravvivere se non sarà assunta con amore, così come con amore sono state compiute. (..) E il 68 è stato l’utopia dell’amore come alternativa al potere. Oggi si può anche difendere la Costituzione come noi facciamo, ma senza un amore che abbia l’assillo del bene comune di tutti i cittadini essa è destinata a sfiorire e a cadere a pezzi...”. Ma, per prima cosa, siamo seri, fuori da ogni ambiguità cui ci hanno abituati rispetto a cosa sia amore. Le Glosse di questo libro sono una buona esegesi.
OLTRE LA CONTESTAZIONE
Ettore Gemma
Nota di edizione
Questo libro è la narrazione di un’esperienza di comunità cristiana. E come ogni narrazione di qualcosa di vivo le parole seguono inadeguatamente i fatti. E ogni fatto chiarisce e aggiunge significato alle parole precedenti, e ogni parola attende l’illuminazione e la trasformazione che le verrà data dal fatto seguente. I fatti narrati in questo libro sono quelli ricordati dalle persone che hanno vissuto insieme un’esperienza comunitaria, e sono quelli che la memoria ha trattenuto percependone l’importanza ai fini di un’evoluzione della propria storia. Ed è proprio il senso della storia della comunità di Reggio Emilia che domina tutta la narrazione. La scelta fatta dai giovani, che nel corso del libro si imparano a conoscere un poco, è definitiva, essi sono sicuri, così come con impegno ne ricordano il passato, che essa avrà un futuro, che avrà una storia. Un piccolo punto di questa storia è il libro che vi presentiamo. E non deve sembrare pretenziosa questa dimensione storica in un’esperienza che non ha nulla di spettacolare, che non è sulla bocca di tutti. Il senso profondo della propria storia proviene infatti ai ragazzi di One Way dalla loro consapevolezza di appartenere alla Chiesa, per la quale la dimensione della storia è lo strumento della salvezza. È questa consapevolezza che fa ritenere alla comunità di One Way di stare vivendo una esperienza eminentemente dinamica: nessun giudizio di quelli dati nel libro resterà cristallizzato nel tempo, ma vivrà insieme alle circostanze, segni di Dio, e pur conservando la sua ispirazione muterà, crescerà, diverrà più potente. Ed è ancora questa consapevolezza che rende One Way così attenta alla storia umana, nei piccoli passi che si trova accanto e nei grandi passi che investono il mondo. L’attenzione al momento storico che Dio chiede di vivere, proviene appunto dalla considerazione che la storia è lo strumento scelto per la salvezza dell’uomo, che Cristo è fatto storico, che la Chiesa è fatto storico, che dove due si riuniscono in nome suo c’è Chiesa e c’è fatto storico, e che quindi la storia è la trama degli eventi definitivi per l’uomo e ad essa occorre essere attenti, in essa lavorare e imparare. Anche le difficoltà quindi che la comunità di One Way trova nel dialogo con altri brani di Chiesa vengono tranquillamente raccontate nel libro, perché fanno parte della storia, ma la speranza di tutti nella comunità è che la storia, cioè l’impegno proprio e la volontà di Dio, mutino queste difficoltà in occasioni di incontro.

La Bottega del Natale 2019